La zona, situata in prossimità della riva destra del torrente Argentina, località "capo Don", arretrata rispetto all'attuale linea di spiaggia di ca. 1000 metri, è oggi costituita da una vasta piana alluvionale, attraversata dalla...
moreLa zona, situata in prossimità della riva destra del torrente Argentina, località "capo Don", arretrata rispetto all'attuale linea di spiaggia di ca. 1000 metri, è oggi costituita da una vasta piana alluvionale, attraversata dalla ferrovia e dalla Via Aurelia, rispetto alla quale è sopraelevata di circa due metri, ed è attualmente sottoposta a coltivazione intensiva. Imponenti lavori di scasso, eseguiti negli anni 1839-40 , riportarono alla luce molti muri pertinenti a più edifici, resti di sepolture e pavimenti a mosaico. Ulteriori lavori d'allargamento a monte, effettuati nel 1869 e dovuti forse alla costruzione della ferrovia, provocarono ulteriori ritrovamenti 1 La notizia fu ripresa dagli studiosi dell'ottocento, i quali proposero l'identificazione con la stazione militare romana di Costa Balenae, 2 citata sia nell'Itinerarium Anthonini sia nella Tabula Peuntingheriana. tra Albintimilium e Portus Maurici o Lucus Bormani L'importanza del ritrovamento non poteva che attirare anche l'attenzione di Girolamo Rossi, poliedrico studioso intemelio,. il quale si pose anche il problema della ricerca dei predenti storici, ottenendo risultati interessanti. Tra i documenti che ebbero dignità di stampa, ed in particolare una "Cronica Muntisalti et Badaluci, " compilata da Don Giovanni Verrando e pubblicata a Perugia nel XVI secolo l'autore, descrivendo l'antichità dei luoghi, narra di aver avuto molte notizie"ex antiquorum annalibus hic inde dispersis".Da questi antichi annali, egli avrebbe avuto notizia di una certa "Indicia Civitas".In realtà, notò il Rossi, anche sulla scorta del racconto, che le rovine "ut ipsa ruina docet sicut mare, ad labendi fluvius ripas, "non si riferivano ad una città denominata Indicia, bensì alle rovine "indicia" di una città "civitatis".Si trattava dell''errata trascrizione della frase "indicia civitatis", ovvero dei resti di una città costiera. L'ampiezza del deposito e la sua importanza furono confermati da successivi lavori di allargamento della sede stradale sul lato a monte, (1920) allorché, per una lunghezza di oltre 140 metri e ad una profondità compresa tra i 60 e 200 cm. dal piano di campagna, furono scoperti e documentati molti muri trasversali e vasti tratti di pavimentazioni, alcuni dei quali a platea di calce e pietre, sul tipo di quella già documentata nella limitrofa villa di Bussana, databili al II-III sec.d.C. Ma ormai la località era nota; lo stesso Barocelli, che nel 1923 pubblicò uno studio sulla romanità del ponente si recò sul posto, e raccolse personalmente frammenti fittili. Lo studioso fu tanto convinto dell'importanza del ritrovamento da pubblicarne una notizia. 3 :Dopo di lui, il Lamboglia, sulla scorta della toponomastica di origine romana e dei ritrovamenti, avanzò l'ipotesi che una simile densità di indizi non poteva che discendere da una importante colonizzazione romana, determinata da motivi che ancora ci sfuggono.La possibilità di sciogliere questo interrogativo si presentò nel 1937, In occasione delle celebrazioni del bimillennario augusteo: in tale circostanza, infatti, egli mise in cantiere un saggio archeologico finalizzato a saggiare l'entità ed i limiti della zona archeologica di Capo Don.. Il primo saggio di scavo fu effettuato il 4 aprile del 1937, sul lato Nord della via Aurelia, a trentadue metri dal confine di levante della part. N.300, selezionando la posizione compresa tra due muri affioranti. 4 .Quindici giorni di lavoro rimisero in luce "..L'antico Battistero della Plebs Paleocristiana, installato in mezzo agli anteriori edifici d'età romana. 5 La sapienza dell'archeologo, infatti, aveva permesso di ritrovare un fonte battesimale ad immersione simile a quello di Albenga-evidenziato soltanto per la metà-ed un sarcofago inornato in pietra del Finale, del tipo in uso in Liguria in epoca tardo-antica ed altomedioevale, appoggiato sul piano di calpestio di una cella ricavata a monte dell'aula battesimale, alla quale si accedeva da levante.La mancanza di fondi per proseguire le indagini non consentì ulteriori accertamenti ed alcuni importantissimi indizi riportati sul giornale di scavo non trovarono dignità di pubblicazione. Lo scavo del muro di divisione con la navata centrale, infatti, permise di raccogliere lacerti di intonaco decorato a strisce bianche e rosse, mentre il deposito sottostante-detriti di muratura-evidenziò legname carbonizzato 6 e elementi di colonne fittili.Lo scavo in aderenza della vasca, infine, oltre a restituire frammenti ceramici, evidenziò resti di lastrine di marmo policromo. e parti di colonne in pietra nera…Un saggio in approfondimento forni, attraverso il ritrovamento di frammenti di ceramica sigillata, la certezza della continuità dell'insediamento dall'epoca romana, della sovrapposizione, cioè, " della pieve al pago" ovvero della continuità di vita, ,in epoca tardo-antica ed altomedioevale di un sito occupato almeno nel I sec. d.C. L'importanza della scoperta fu subito chiara:l'alto interesse archeologico del giacimento-forse appartenente alla Mansio Romana, cresciuta d'importanza sino ai tardi tempi dell'impero,divenendo poi "vicus" forse Castrum tabiae verso la fine del vi secolo,unito ad una chiarissima situazione stratigrafica,avrebbero dovuto garantire una prosecuzione degli scavi ed un'idonea sistemazione delle strutture evidenziate.Purtroppo però una serie di circostanze avverse costrinsero a ricoprire il tutto, rimandando le ricerche a tempi migliori. Per avere altre notizie bisogna giungere al 1943, in pieno periodo bellico,: un scavo, eseguito in prossimità della linea ferrata per la costruzione di un fortino, portò alla distruzione di un'aula pavimentata a mosaico in tessere bianche e nere. 7 Per assistere ad un altro intervento nell'area bisogna purtroppo attendere il 1982, anno nel quale notizie di ulteriori allargamenti della via Aurelia a monte, e conseguente ulteriore demolizione di strutture, determinarono l'Amministrazione ad intervenire per rimettere in luce le strutture sepolte. Le ricerche, riprese in regime di occupazione temporanea ,interessarono preliminarmente l'area già esplorata nel 1937,consentendo il ritrovamento del fonte battesimale e delle murature limitrofe. La stratigrafia si rivelò purtroppo ulteriormente compromessa; nonostante la relativa profondità delle strutture ripetute e profonde arature-realizzate nonostante un preciso vincolo-avevano in più parti intaccato le creste dei muri, e completamente asportato i coperchi di alcuni sarcofagi.