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2011, Aevum
The extant 10 fragments of Appian’s Macedonian book, concerning Philip V of Macedonia, and their sources are analysed. It has been observed that often Appian’s books on Syrians, on Illyrians, on Macedonians include information alien to the Roman point of view, as it is attested in the historiography of Polibian traditions. The non-Polybian source for these fragments is investigated and its peculiarities are singled out. It appears that Appian attempts to counterbalance Polybius’ Roman standpoint with a more Macedonian-Greek perspective, which often transmits the defeated’s point of view. This source, basically Greek, is hostile to the Aetolians, critical of the Attalids, and unbiased to the Macedonians; it has certainly read Polybius, and is well informed on the 3rd/2nd-century politics.
L'elaborato analizza quattro episodi rilevanti ai fini di ricercare una serie di costanti nell'atteggiamento dei Romani nei confronti dei Greci vinti, mettendo in evidenza il ruolo fondamentale della fides nella gestione dei rapporti internazionali.
Durante il c.d. perido dell’imperialismo, Roma non si limitò a presentare di se stessa un’immagine bifronte, che da un lato manifesta la propria devozione alla pace e dall’altro dichiara di essere disposta a battersi ferocemente qualora venga costretta a venire alle armi. Per reggere un impero di tipo egemonico caratterizzato da un’economia delle forze militari, i Romani dovettero adottare una una gamma di sfumature più ampia nel modellare la propria immagine. Come si richiede ad una grande potenza, Roma cercò (e trovò) una “terza fronte”, un equilibrio molto delicato tra un atteggiamento troppo bellicoso e uno troppo pacifico, che permettesse loro di rassicurare i propri alleati, dissuadere le potenze nemiche, attirare a sé altri stati minori.
La contesa tra Roma e la Persia Sasanide per l'Impero Universale durante il III sec. d.C., dall'impero di Alessandro Severo a quello di Galerio.
Biografia e analisi della monetazione a nome di T. Quinctius Flamininus, con catalogo e illustrazione di tutti i 10 esemplari noti.
Nel tentativo di rivalutare la figura dell'ultimo re di Macedonia, ingiustamente accusato delle fonti filoromane (Polibio in primis), si analizza la politica di Perseo nei primi cinque anni di regno.
1998, Il Mediterraneo quale elemento del potere marittimo - Acta del Convegno di Storia Militare tenuto a Venezia nella sede dell'antico Arsenale dal 16 al 18 settembre 1996
1995
2016, MEDITERRANEO ANTICO
In questo saggio si analizza un importante dossier epigrafico pubblicato di recente da R. Bouchon. Rinvenuta nei pressi dell'antica Doliche, l'iscrizione riporta un elenco di proprietari, con i beni di ciascuno; seguono due lettere di Emilio Paolo indirizzate ai magistrati di Gonnoi, per indurli a far sì che un certo Demofilo di Doliche potesse finalmente prendere possesso dei beni nel territorio di Gonnoi assegnatigli per decisione di Emilio Paolo e dei Dieci (i legati del senato inviati a collaborare con il generale vittorioso dopo la battaglia di Pidna). Quanti non intendevano liberare i beni assegnati a Demofilo negavano che ciò fosse avvenuto davvero per volontà delle autorità romane; ai loro argomenti dovevano aver prestato orecchio i magistrati di Gonnoi, costringendo così Demofilo a ricorrere direttamente all'intervento di Emilio Paolo. Neppure la prima lettera del generale romano fu sufficiente tuttavia a vincere le resistenze dei magistrati di Gonnoi; Emilio Paolo, indispettito, dovette rimettere la questione alle autorità federali della Perrebia, e nella seconda lettera ne informò i magistrati di Gonnoi. Si tenta di inserire la vicenda resa nota dall'iscrizione nel quadro delle divisioni che laceravano il mondo greco all'epoca della terza guerra di Macedonia, e della resa dei conti che seguì la vittoria romana, rilevando in particolare il fatto che Polibio annoverava anche Tessali e Perrebi, assieme agli Achei, fra i popoli i cui leader politici accusati di ostilità a Roma avrebbero potuto affrontare con fiducia qualsiasi processo, in quanto non era stato possibile raccogliere prove a loro carico. Su questa base, si tenta di spiegare la sorprendente audacia con cui a Gonnoi si poté negare che le concessioni di proprietà a Demofilo di Doliche fossero conformi alla volontà di Emilio Paolo: come la prima delle ambascerie achee recatesi a Roma per richiedere il rientro dei deportati politici, i tagoi di Gonnoi potrebbero aver ritenuto necessario un verdetto di condanna, frutto di un regolare processo, prima di dar seguito alla riassegnazione dei beni di quanti erano stati accusati di aver favorito Perseo. Il coraggio mostrato dalle autorità di Gonnoi segna un nuovo episodio della resistenza delle comunità greche a ingerenze esterne nel loro assetto proprietario, da affiancare al comportamento di Larisa di fronte all'invito di Filippo V a procedere a una politograohia. Nel passaggio dall'egemonia macedone all'imperium Romanum, così, i Greci continuano a considerare negoziabili gli ordini delle superpotenze, soprattutto quando si trattava della proprietà della terra nella chora della città. In base a un'analisi della portata delle confische e riassegnazioni di beni dopo le vittorie di Roma in Grecia, si respinge l'ipotesi di Bouchon secondo cui con il Demofilo dell'iscrizione sarebbe da identificare il Menofilo, mercante perrebo, che in Livio XLV 35, 10-12 avrebbe indicato ai Romani la via per aggirare la linea di difesa macedone sull'Elpeo; contro questa ipotesi gioca anche l'esiguità dei beni assegnato a Demofilo, insufficienti a ricompensare un ruolo decisivo nell'assicurare l'esito positivo del conflitto. Infine, si analizza il ritratto polibiano di Carope il giovane d'Epiro, il più spregevole fra i filoromani che assunsero il potere nelle varie regioni greche dopo Pidna, responsabile a detta di Polibio di omicidi e condanne, motivate a parole con accuse di ostilità a Roma, nei fatti dettate solo dalla volontà di appropriarsi dei patrimoni dei concittadini più ricchi. In particolare, ci si sofferma sull'importanza che Polibio sembra voler attribuire al mancato ricevimento di Carope nelle domus del princeps senatus Emilio Lepido e di Emilio Paolo, quando si recò in ambasceria a Roma per ottenere dal senato la ratifica delle condanne pronunciate contro i suoi avversari politici. All'origine della decisione di non dare ospitalità a Carope, si suggerisce, si deve porre una campagna di denuncia del suo operato in cui verosimilmente anche Polibio avrà giocato parte non trascurabile. Si cerca quindi di indagare il significato che l'episodio avrebbe potuto avere nella prospettiva di Polibio, riproponendo una vecchia ipotesi di Jean-Louis Ferrary secondo cui da questa vicenda Polibio aveva tratto prova della disapprovazione di Emilio Paolo per le calunnie di uomini quali Licisco e Callicrate contro i propri avversari politici. Una conclusione esagerata, questa di Polibio, tratta da un episodio marginale, come pure esagerata sembra l'interpretazione della risposta interlocutoria data dal senato all'ambasceria di Carope: se avessero voluto realmente sconfessare Carope, i senatori avrebbero potuto annullare le condanne dei suoi avversari, e imporne il rientro in patria; ma non lo fecero. Si conclude osservando come l'osservazione di Polibio secondo cui Carope d'Epiro millantava soltanto di aver agito con l'approvazione dei Romani sia parallela alle affermazioni in base alle quali i magistrati di Gonnoi si rifiutarono a lungo di consegnare a Demofilo di Doliche i beni assegnatigli; affermazioni smentite con forza da Emilio Paolo. Il lavoro si chiude affermando l'opportunità di indagare, in futuro, gli obiettivi perseguiti da Polibio attraverso la sua immagine di Emilio Paolo.
2015
Between 290 and 264 BC, Rome shows a precise grand strategy: in order to achieve political control of Italy, it uses an organic project of garrisons. In the Northen-Central quadrant, military force is multiplied by latent suasion of colonies; in the Southern quadrant, the soft power resulting from fides increases the hard power of Rome, especially on cities of Magna Graecia.
2017, Aevum
In contrast to the majority opinion adopted by the historians (i.e. the Acarnanian Confederacy was dissolved during the middle of the Third Century B.C., following the division of the region between the Reign of Epirus and Aetolia, and then reconstructed from 230 B.C.), this work tries to demonstrate that Akarnania always existed as a Federal State during the third century B.C. and that the changes and transformations that can be observed during that period are due not to a process of reconstruction but to the vitality, flexibility and strength that characterized the Greek Federal States.
Non dormirono molto quella notte Scipione e Annibale. Alla vigilia della Battaglia di Zama, troviamo uno di fronte all'altro i protagonisti della lunga "guerra Annibalica", così la chiamava Scipione. In un percorso a ritroso, prima di quello scontro che avrebbe cambiato la storia di quel mondo, vengono descritte le gesta dei due personaggi, il loro "cursus vitae", che fatalmente li portò, legandoli in tutta la loro storia, a quel decisivo momento.
2013
The flourishing kingdom of Pergamon ends, by a singular donation, incorporated into the Roman Empire. Slaves and destitute people raise the banner of equality and independence. In the years of the uprising of slaves in Sicily and of the revolution of Tiberius Gracchus in Rome, the first City of the Sun was born in Asia Minor: the social and philosophical utopia met for the first time the movement of the "wretched of the earth".
Il presente articolo si occupa di analizzare la figura di Antioco IV nella tradizione antica riguardo a un suo particolare aspetto caratteriale, ovvero quello di essere ‘demente’. Questo re ellenistico vissuto a metà del II secolo a.C. viene ritratto da Polibio, storiografo a lui contemporaneo, in comportamenti ritenuti non ortodossi e privi di regalità. Ciò che rende Antioco bizzarro è l'uso del gioco e del motto scherzoso con personaggi di basso rango della capitale in diverse occasioni. Inoltre, anche nel contesto del banchetto, rito dalla forte valenza politico-sociale per l'epoca, si abbandona alla danza e alla nudità di fronte agli altri commensali, suscitando scandalo. Analizzando però il contesto storico in cui tale sovrano si trovò ad operare, emerge che tali atteggiamenti, assunti nelle celebrazioni ufficiali e nei luoghi pubblici, fanno parte di una precisa strategia politica, che mirava a legittimare Antioco IV agli occhi dei propri sudditi. La rottura della tradizione cerimoniale durante le feste e i banchetti, che vede solitamente il dinasta ellenistico lontano ed inaccessibile per il cittadino comune, consentì al successore di Antioco III, il re umiliato dai Romani ad Apamea, di tracciare un nuovo inizio per il regno di Siria. D'altra parte, ll legame tra competizione sportiva e potere politico appare evidente per questo personaggio negli sviluppi di una importante festività civica di cui ci si occuperà nella prima parte di questo saggio: le Grandi Panatenee svoltesi ad Atene nel 178 a.C.
2018, Historikά
in I giorni di Roma: l'età della conquista (Roma, Musei Capitolini, marzo-settembre 2010), catalogo a cura di E. La Rocca, C. Parisi Presicce con A. Lo Monaco, Milano 2010, pp. 19-34
Il presente lavoro nasce dalla volontà di analizzare la morte dei protagonisti delle Vite parallele di Plutarco. Si tratta di una ricerca sul comportamento tenuto dagli eroi di fronte al destino ineluttabile che caratterizza ogni essere vivente, il fatto di essere mortale. Mi sono proposto di esaminare minuziosamente la fine dei personaggi principali dell’opera plutarchea e di verificare e confrontare l’atteggiamento di Eumene di Cardia, Demetrio Poliorcete, Pirro ed Alessandro Magno di fronte alla morte, con l’obiettivo di trovare i legami e gli elementi comuni tra l’ultimo attimo della vita di un essere umano e l’intero corso della sua esistenza. Per ogni eroe, dapprima ho ripreso l’intera vita ed in seguito ho analizzato la sua fine, confrontando il testo plutarcheo con gli altri autori antichi, cercando di approfondire e verificare le premesse e gli eventi che condussero alla morte i protagonisti di ciascuna biografia. Dallo studio delle suddette Vite parallele, emerge il biasimo di Plutarco nei confronti dei re ellenistici soprattutto nel giudizio conclusivo e complessivo dell’eroe, che al momento ultimo della sua vita appare una patetica controfigura rispetto agli altri protagonisti delle biografie plutarchee. Alessandro Magno, modello ed eroe per i re ellenistici, che cercheranno di calcare le sue orme nel corso della loro vita, finendo però per assimilare per lo più gli aspetti negativi del figlio di Filippo II, rientra infine nella mia analisi, poiché anch’egli nella morte palesa infine gli stessi atteggiamenti di Eumene di Cardia, Demetrio Poliorcete e Pirro.
2003, Revue des études anciennes
Il seguente lavoro di tesi è stato iniziato sotto la guida del prof. Enzo Lippolis ed ultimato dal prof. Massimilano Papini a causa della prematura morte del primo. Tale elaborato archeologico è stato discusso da Michele Porcaro il 26 Marzo 2018 all'Università degli Studi di Roma Sapienza. Il culto del sovrano (anche detto Ruler Cult o Herrscherkult) nelle sue diverse forme, tra cui l’apoteosi, la creazione di riti e l’edificazione di tempi dedicati al dinasta, rappresenta l’instrumentum regni più evidente della stagione ellenistica, che ha innegabili riverberi in epoche successive, dall’età di Alessandro Magno e dei Diadochi all’epoca imperiale e medievale, per non parlare delle possibili corrispondenze con la cosiddetta ‘religione della politica’ che contraddistinse i regimi monocratici e dittatoriali del XX secolo . Già negli ultimi decenni dell’epoca classica abbiamo attestazioni di culti (eroici o divini) riservati a dei mortali, tributati dalla cittadinanza sia in vita che post mortem del suddetto personaggio: le timai eroiche concesse dagli Anfipolitani prima all’ecista ateniese Agnone e poi allo spartano Brasida ; la scoperta archeologica di tracce di un presunto heròon dedicato allo spartano esiliato Cleandrida a Turi, nel quartiere di Parco del Cavallo ; la notizia esplicita, trasmessa da Duride , scrittore e politico di Samo, di un culto tributato nell’isola a Lisandro nel 404, con il conseguente cambiamento delle feste in onore di Era in Lisandrie attestato almeno fino al 401 a.C. ; una serie di onori eroici conferiti ai Dinomenidi di Siracusa e, non ultime, alcune pretese regali e divine rivendicate dai tiranni di Eraclea Pontica Clearco, che si proclamò figlio di Zeus, Timoteo, che ebbe i titoli di Keràunos, Sotèr, Euèrgetes e Chrèstos, e Dionisio, che ultimò il proprio culto della personalità portando la propria regalità al pari delle altre dinastie ellenistiche . Alle origini del culto dinastico vi sarà stata anche l’esigenza del re greco-macedone di rafforzare i culti greci legati alla dinastia e di costituire un proprio pantheon familiare distintivo nella grande varietà ed estraneità religiosa dei nuovi regni multietnici, fornendo dunque una forma di religiosità intima per il re e per la famiglia, e una religione nella quale il vasto numero dei funzionari, dei burocrati e dei soldati direttamente legati al basilèus, trovavano identità e aggregazione consolidando il lealismo nei confronti del re e della dinastia . Nel culto del re ellenistico bisogna dunque distinguere fra culti cittadini e culto dinastico: i culti cittadini in onore del basilèus, spesso intrecciati con cerimonie festive e religiose comuni che non implicano necessariamente forme dirette di culto del sovrano, sono manifestazioni apparentemente spontanee delle poleis libere ο soggette, interne ο esterne al regno. Sono però anche indizio del desiderio delle città di manifestare prontamente le proprie buone attitudini nei confronti del basileus del momento per ottenerne benevolenza e vantaggi, dunque esprimono il diffuso stato di incertezza e di insicurezza delle città di fronte al potere dei re ellenistici e di fronte agli eventi che le coinvolgono e le sovrastano. A sua volta, il re ellenistico corrisponde alle attese delle città svolgendo a loro favore la funzione generale di protettore e di evergete per eccellenza in àmbito politico, economico e fiscale. Non tutte le dinastie ellenistiche sono ricorse al culto dinastico, che è ben attestato per i Tolomei d’Egitto, per i Seleucidi di Siria e per i re di Commagene, mentre è assente, meno evidente, o comunque non pienamente concretizzato né per gli Antigonidi di Macedonia né per gli Attalidi di Pergamo. Se dunque i culti cittadini del basilèus dipendono dalla iniziativa interna della pòlis e dalle sue convenienze, il culto dinastico è invece un culto ufficiale istituito dai re per gli antenati (prógonoi), per sè stessi o per la regina e non interferisce con i culti cittadini spontanei e locali. Il culto dinastico aveva dunque lo scopo di rafforzare l’influenza e il potere della dinastia con la onnipresenza del re-dio sul territorio del regno. Obiettivo di questo lavoro di tesi è dunque ricostruire le modalità, i contesti e l’importanza che il culto dinastico svolgeva nelle corti ellenistiche per ottenere il consenso dei sudditi e per affermare il proprio potere, e come l’attuazione di questo stratagemma politico si riscontri nella cultura materiale e immateriale in nostro possesso, partendo dalla conformazione urbana delle capitali ellenistiche e ricostruendo come gli edifici, i santuari, le monete e, più in generale, i reperti in nostro possesso siano stati dei potenti mezzi di cui i sovrani dell’epoca post-alessandrina si sono avvalsi per valorizzare il proprio potere. Nel primo capitolo dell’elaborato sarà tracciato un profilo storico generale: partendo dalle presunte origini eroiche, divine o semidivine rivendicate dai sovrani ellenistici (primo tra tutti Alessandro Magno, identificato come il prodromo più illustre del fenomeno del culto della personalità ellenistica), attraverso un lavoro di ricerca sulle fonti storiche e archeologiche, sarà opportuno evidenziare come l’affermazione del potere si riscontri anche nella cultura materiale, giunta fino a noi in maniera integrale o frammentaria (o, in alcuni casi, solo testimoniata da fonti). Inoltre, nello stesso capitolo, l’analisi si concentra sulla questione dei processi di divinizzazione e di eroizzazione, tenendo sempre a mente come queste due liturgie, già presenti nella figura di Alessandro III di Macedonia, siano state sfruttate dai Diadochi a proprio vantaggio. Nei capitoli 2 e 3, verranno analizzati, tra le tante famiglie che si contendono l’ecumene mediterraneo durante la stagione ellenistica, due casi, che ci mostrano due differenti situazioni di culto del sovrano e della personalità: quello della dinastia tolemaica (o lagide) d’Egitto e quello della dinastia pergamena degli Attalidi. In entrambi i casi verrà trattata l’organizzazione dello spazio urbano come rappresentazione del dinasta, delineando le opportune differenze tra le due capitali ellenistiche: Pergamo e Alessandria. In Egitto, partendo dalla divinizzazione post mortem di Alessandro, attuata da Tolomeo I Sotèr (e sfruttata a suo vantaggio come manifesto del proprio culto della personalità), si vedrà come il dinasta e i suoi discendenti attueranno raffinati sistemi propagandistici che avranno come punto d’arrivo la divinizzazione e l’istituzione di culti sacrali dedicati ai sovrani d’Egitto (basti pensare alla titolatura dei dinasti tolemaici e ai culti dei Theoi Adelphoi e dei Theoi Soteres) e Alessandria rappresenterà, nel suo impianto urbano e nella sua suddivisione amministrativa, una testimonianza concreta del sistema di potere messo in atto. A valorizzare quest’affermazione sarà preso in esame il fatto che un’enorme porzione di superficie della capitale tolemaica fosse occupata dai palazzi reali e da costruzioni architettoniche che indubbiamente mostravano la magnificenza della dinastia regnante (il Museo, il Sema di Alessandro e la Biblioteca) e un notevole indicatore degli strumenti usati da Tolomeo e dai suoi successori per costruire il culto della personalità. Lo studio del culto dinastico della famiglia attalide nella città di Pergamo, che occuperà l’intero terzo capitolo dell’elaborato, si mostra più limitato rispetto a quello in merito ad Alessandria, ma non per questo meno interessante. Sebbene infatti i sovrani pergameni scelsero di non farsi divinizzare in vita e di non ricevere a Pergamo quegli stessi riti pomposi dedicati ai sovrani che troviamo invece nell’Egitto tolemaico o nella Siria seleucide, optarono invece per una politica evergete e soprattutto filellena, ponendosi culturalmente e politicamente all’interno del mondo ellenistico come i continuatori ideali dell’Atene classica e come difensori dello spirito greco. Questo lavoro di ricerca, supportato da una collettività di studi internazionali che da poco meno di un secolo si è concentrata sullo studio di tale argomento, ha permesso di analizzare e ricostruire molti importantissimi fattori legati al culto del dinasta durante l’epoca ellenistica, soprattutto nel periodo compreso tra gli ultimi anni del regno di Alessandro Magno (326-323 a.C.) e la fine del II secolo. Una summa dei risultati sarà esposta dettagliatamente nelle conclusioni finali della tesi, accompagnata dall’insieme delle tavole e delle figure di alcune opere citate durante l’elaborato di tesi.
1994
Sagunto fu scelta deliberatamente da Annibale come casus belli per la seconda guerra punica. In tale decisione, il generale cartaginese non fu spinto soltanto dalla pur rilevante importanza economica della città iberica, quanto, piuttosto, da un preciso calcolo politico-strategico. L'invevitabilità della reazione romana, così come la lentezza di tale risposta, erano stati infatti previsti dal Barcide. Forte della 'lezione' appresa dai suoi connazionali a Messana nel 264 a.C. sulla mentalità e le modalità dei processi decisionali romani, Annibale riusci a trasformare Sagunto nella 'Nemesi' della citta siciliana.
The film “Scipione l’Africano” was directed by Carmine Gallone and was released in 1937, one year after the proclamation of the Italian Empire. It focuses on the history of Scipio the African that defeated Hannibal at the Battle of Zama (202 BC). The real aim of this film was the comparison between ancient Rome and fascist Italy, and between Scipio, the winner of Carthago, and Mussolini, the conqueror of Ethiopia. So, Fascist propaganda used the symbols of the myth of Roman Empire as a means to legitimize historically the invasion of the African country in 1936.
The evidence on three major Macedonian festivals is here reconsidered. Some features of the festivals show the influence of Macedonian tradition in later panegyreis of the Hellenistic period.