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Oi Christianoi - Sezione antica, n. 26 ----- Su Ipazia di Alessandria e su Sinesio di Cirene molti hanno già scritto: Ipazia, una nota antica scienziata e filosofia, Sinesio, un nobile, suo allievo e poi vescovo cristiano; Ipazia, da alcuni presa in considerazione unicamente come vessillo del femminismo, Sinesio, spesso trascurato a fronte di più famosi Padri della Chiesa. La peculiarità del libro, che è frutto di un accurato studio critico delle relative fonti primarie e secondarie, consiste nel tipo di approccio: le due figure e le loro opere sono esaminate sullo sfondo dei differenti ambiti culturali in cui si sono sviluppate le vicende della loro vita, pur nella contemporaneità: la differenza di ambiti culturali consente di evidenziare di questa donna e di questo uomo non solo la validità del loro lungo rapporto amicale, testimoniate da alcune lettere di Sinesio a noi pervenute, ma anche l'alto valore interculturale di tale rapporto.
2014 •
Dell’assassinio di Ipazia si tenta qui di ricostruire anzitutto la concatenazione dei fatti, fondandosi sulle sole fonti antiche e criticandole per sommi capi in base alla conoscenza dei diversi ambienti che le hanno prodotte, contestualizzandole sinteticamente nel loro scenario storico-sociale, sfrondando qua e là le superfetazioni ideologiche che quindici secoli di storiografia vi hanno impiantato, cercando di eludere la fatalità degli schemi dialettici — l’opposizione paganesimo-cristianesimo, ma anche l’antinomia tolleranza-intolleranza — e di evidenziare la trasversalità ai diversi fronti, o gruppi, delle categorie moderazione-integralismo e ragione-irrazionalità, o razionalismo-irrazionalismo. Ipazia non era, come lo stereotipo vorrebbe, una campionessa della ragione filosofica in contrapposizione al fideismo cristiano, ma la filosofiva che praticava aveva connotati sacrali ed esoterico-rituali (se non magici, secondo l’accusa di Giovanni di Nikiu). L’ambiente dei suoi allievi e seguaci si stringeva in una rete di discrete affiliazioni e clientele e anche in queste si esplicava, come testimoniato da Sinesio, il “potere” (dunasteiva) di Ipazia. E’ la vasta e sotterranea alleanza ‘massonica’, da lei capeggiata ed evidentemente influente nelle scelte politiche dell’élite e degli stessi vertici amministrativi di Alessandria, che si rivela all’improvviso a Cirillo e ne provoca il subitaneo attacco di fqovnoı su cui insistono le coeve fonti cristiane (Socrate Scolastico) e pagane (Damascio, tramandato da Suida), che concordemente lo ritengono responsabile non solo del radicalizzarsi del conflitto, ma anche dell’assassinio in sé stesso. Da parte sua, Cirillo non era semplicemente un “fervente” (e[nqermon) settario, ma aveva una strategia politica sui generis razionale, che aveva ereditato dal suo predecessore e zio Teofilo e che si studiava di perseguire con mezzi spregiudicati e violenti, ma coerenti e tesi a un fine preciso che già Socrate Scolastico gli contesta: “erodere il potere di coloro che lo esercitavano per conto dell’imperatore” e “condizionare il potere dello stato oltre il limite consentito alla sfera sacerdotale”. A cosa poteva servire, in quest’ottica, il sacrificio di una personalità pubblica come quella di Ipazia, che non era un diretto avversario politico, e non apparteneva ad alcuna delle categorie di concorrenti confessionali del suo proselitismo armato? Volendo perseverare nella ricerca di un concreto movente dell’assassinio, si può tentare un esperimento: abbandonare la parola fqovnoı, “invidia”, usata dalle fonti, o meglio tradurla con il termine “concorrenza”. Se è il pogrom di Cirillo contro gli ebrei alessandrini che porta all’escalation di violenza, quella confessionale non è l’unica concorrenza che oppone Cirillo alla comunità ebraica e ai suoi protettori ellèni stretti intorno al circolo ‘protomassonico’ di cui Ipazia è gran maestra. I cittadini ebrei erano concorrenti della comunità cristiana non solo in materia religiosa ma anche in affari: in particolare, nell’appalto del trasporto marittimo del grano da Alessandria a Costantinopoli, come attesta nel Codex Theodosianus un decreto del 390. La politica antiebraica di Cirillo e in particolare il pogrom del 414 possono essere posti in relazione con l’estensione alla chiesa cristiana di Alessandria del monopolio del trasporto marittimo del grano dall’Egitto a Costantinopoli. In particolare in un frammento papiraceo (il P. Ross. Georg. III. 6, recentemente addotto da Sarolta Takács, oggi ricongiunto con il frammento P. Hamb. IV 267) si fa menzione di un Ierace e di suo figlio Teone nautw`n ejkklhsivaı. La valenza di questo reperto documentario, la sua interpretazione e la sua datazione andranno approfondite. E’ con ogni probabilità casuale l’omonimia tra il Ierace che vi è menzionato e l’agitatore filocirilliano alle sedute dell'assemblea cittadina in teatro — nonché maestro di grammatica, che Giovanni di Nikiu descrive con ammirazione — la cui uccisione da parte degli ebrei è all’origine dell’escalation che condurrà all’assassinio di Ipazia. In mancanza di una più circostanziata documentazione prosopografica, l’emergere del suo nome tra le fibre consunte di P. Ross. Georg. III. 6 ha il valore di un’evocazione e fornisce, ben più che la possibilità di un’identificazione, il richiamo di una suggestione. In this essay, the author attempts to reconstruct the concatenation of facts concerning Hypatia’s assassination by drawing exclusively on ancient sources, evaluating them succinctly against the backdrop of the various environments in which they developed, contextualising them clearly within their historical and social realities, and here and there stripping away the ideological accretions that fifteen centuries of historiography have grafted onto the event. She thereby avoids the usual inevitable dialectical schemas – pagan-Christian opposition and contradictions between tolerance and intolerance – and highlights the transversal nature of the different sources, or groups, of categories such as moderation and fundamentalism, rationality and irrationality, or rationalism and irrationalism. Hypatia was not, as the stereotype would have her, a champion of philosophical reason in contrast to Christian unconditional belief, but the philosophy she practiced had sacred, esoteric and ritual (or magical, according to the accusation of John of Nikiou) implications. The environment of her students and followers became a tight network of discreet affiliations and clienteles, and, as Synesius testifies, it is through these that Hypatia’s “power” (δυναστεία) was carried out. It is the vast, underground ‘masonic’ alliance she headed, and which was evidently influential in the political choices of the élite and the very same administrative higher-ups of Alexandra, that suddenly presented itself to Cyril and provoked in him the sudden attack of envy (φθόνος) on which the contemporary Christian (Socrates Scholasticus) and pagan (Pseudo-Dionysius the Areopagite, handed down through Souidas) sources insist and which are all in agreement in holding him responsible for not only radicalising the conflict, but also the assassination itself. For his part, Cyril was not simply a sectarian “zealot” (ἔνθερμον); he nurtured a rational political strategy sui generis that he had inherited from his predecessor and uncle Theophilus and plotted to pursue by any violent and ruthless means, in line and executed with a precise end, as Socrates Scholasticus accused him of: “to erode the power of those who exercise it in the name of the emperor” and “to condition the power of the state beyond the limits permitted to the priestly sphere”. From this perspective, what would the sacrifice of a public personality like Hypatia - who was not a direct political adversary and did not belong to any of the categories of religious competitors of his armed proselytism - serve? Persevering in the search for a concrete motive for the assassination, we can try an experiment: leave off the word φθόνος, “envy”, used in the sources, and better translate it as “competition”. If Cyril’s pogrom against the Alexandrian Jews leads to an escalation of violence, religion is not the only competitor that pits Cyril against the Jewish community and its Greek protectors gathered around the ‘proto-masonic’ circle of which Hypatia was grandmaster. The Jewish citizens were competitors of the Christian community in both religious and business matters: in particular, in the contract for sea transport of grain from Alexandria to Constantinople, as stated in the Codex Theodosianus in a decree of 390. Cyril’s anti-Jewish politics and, specifically, the pogrom of 414 can be placed in relation to the extension of the monopoly on sea transport of grain from Egypt to Constantinople to the Christian church. In particular, in a papyrus fragment (the P. Ross. Georg. III. 6, recently cited by Sarolta Takács, now reunited with the fragment P. Hamb. IV 267) mention is made of a certain Hierax and his son Theon ναυτῶν ἐκκλησίας. The value of this documentary evidence, its interpretation, and dating need to be understood more fully. In all probability, the similarity in the name of the Hierax mentioned in the fragment and that of the philo-Cyril agitator at the city assembly meetings in the theatre - as well as grammar master whom John of Nikiou describes so admiringly – whose murder by the Jews is at the origins of the escalation that leads to Hypatia’s assassination can be regarded as fortuitous. However, in the absence of more circumstantial proposographical documentation, the emergence of his name from the ancient fibres of P. Ross. Georg. III. 6 is at the very least evocative, and provides, if not yet a possibility of identification, the lure of the power of suggestion.
in Giuseppe Sertoli (a cura di), Figure di Ipazia (Roma: Aracne, 2014)
Occasioni mancate: Ipazia nella letteratura italiana contemporanea2014 •
2018 •
Recensione al volume di E.J. Watts (Hypatia. The Life and Legend of an Ancient Philosopher, Oxford 2017).
Oi Christianoi - Sezione medievale, n. 3 ----- Alla morte di Kari Elisabeth Børresen, nell'aprile del 2016, alcune sue colleghe e amiche (Sara Cabibbo, Franca Ela Consolino, Cettina Militello, Marinella Perroni, Emanuela Prinzivalli) hanno deciso di renderle omaggio pubblicando in traduzione italiana una delle sue prime opere, "Anthropologie médiévale et théologie mariale" (Oslo 1971), e rendere così partecipe anche il pubblico italiano di uno degli apporti magistrali del pensiero della grande ricercatrice norvegese. La sua investigazione sul rapporto tra antropologia medievale e mariologia ha infatti segnato un punto di non ritorno della riflessione mariologica. Benché datata, quindi, essa non può comunque essere ignorata dalle nuove generazioni di studiosi, a cui il metodo di indagine di Kari Børresen mostra come soltanto la ricerca storica possa fornire lo strumentario adatto a un’adeguata comprensione della mariologia oltre che di tutta la storia del pensiero teologico. Da studiosa di storia delle idee e, in particolare, come studiosa dell’interazione fra linguaggio su Dio e antropologia, Børresen concentra il suo interesse sulla tarda antichità e sul medioevo, una stagione quanto mai decisiva per l’elaborazione dottrinale della teologia cristiana in cui affonda le sue radici, in modo tutto particolare, il pensiero mariologico. Da femminista, poi, Børresen cerca di portare alla luce i motivi alla base di quel forte androcentrismo che connota la teologia cattolica tradizionale e di cui il pensiero mariologico è stato e continua a essere uno dei vettori più potenti. La traduzione del saggio di Børresen è seguita da un suo articolo sullo stesso tema, apparso nel 1983 sulla rivista "Concilium". Completano il libro una prefazione di Cettina Militello e una postfazione di Arianna Rotondo, alla quale si deve anche la cura dell’intero volume.
Figure di Ipazia, a cura di G. Sertoli, Roma, Aracne 2014, pp. 81-101 =Studi e testi di Palazzo Serra, 3) ISBN 978-88-548-7155-7
Gli occhi di Ipazia. Kulturkampf e anacronismi nella Hypatia di Fritz Mauthner2014 •
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in Figure di Ipazia, a cura di Giuseppe Sertoli, Roma, Aracne ("Studi e testi di Palazzo Serra", 3), 2014, pp. 11-36.
L'integralista e la storia: Ipazia tra il poema di Diodata Saluzzo e l'Atenaide di Franceschinis2015 •
«Dionysus ex Machina», 1 (1) 2010, 334-346
«E i mondi ancora si volgono sotto i suoi piedi bianchi». Ipazia e Agora di Alejandro AmenábarLa Passione di Perpetua e Felicita. Donne martirio e spettacolo della morte nel cristianesimo delle origini
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2020 •
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2019 •